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Salisburgo - miniere di sale di Hallein

Che cos’è la paura? Ritrovarsi a centinaia di metri sottoterra, nella pancia di una montagna, tonnellate di roccia e terra sopra la tua testa. Sapere che se qualcosa va storto sarai nel buio, solo. Che se la terra ti franasse attorno saresti avvolto dalla polvere, non potresti respirare. Che se anche sopravvivessi, nessuno riuscirebbe a raggiungerti per salvarti.
Non sono posti allegri, le miniere, anche quando sono dismesse e fungono da attrazioni turistiche, non sono posti allegri. Dev’essere per questo che la nostra guida, e più in generale l’intero tour per le miniere di sale di Hallein, a Salisburgo, si sforza di essere divertente. Anche se la guida, ben conscia del luogo in cui ci troviamo e della sua storia, insiste che gli auguriamo tutti Gluck Auf, il tradizionale saluto dei minatori tedeschi, che si potrebbe tradurre come una specie di buona fortuna.


Si inizia con un trenino su cui ci si siede come in sella a un cavallo. 
Viaggia veloce, il veicolo, sfiorando le pareti di roccia che l’uomo ha scavato prima con selci, poi con utensili di metallo via via più sofisticati. Picconi. Fino alle macchine automatiche. Perché le miniere di sale di Hallein esistono dalla notte dei tempi, già i Celti scavavano qui, nel 400 A.C. L’oro bianco di Salisburgo. Quanti minatori abbiano gettato sudore, lacrime e sangue per queste gallerie, è impossibile dirlo.
Percorriamo a piedi un condotto. È così stretto che è necessario procedere in fila indiana. Si sta un po’ curvi, forse solo per la sensazione di toccare il soffitto con la testa, quando sai che pur stando dritta non andrai a sbattere, ma non ci puoi fare niente, la schiena si curva da sé. Non vedi dove poggiare i piedi. Sulle pareti, si ripetono innumerevoli segni degli intagli, simili a squame. Ti fanno pensare di essere dentro la pancia di un lunghissimo serpente. Come fanno a reggere, questi puntelli di legno? C’è una montagna, sopra le nostre teste. Infatti incrociamo un corridoio abbandonato. Qui i puntelli non hanno tenuto. Si vedono i resti di un crollo, le assi spezzate.
A un certo punto incontriamo un cartello. Dice che qui termina l’Austria. Camminando nel sottosuolo siamo arrivati in Germania!

via tarmotamming.blogspot.com
Resto un po’ indietro, in questo corridoio. Mi stacco dalla coda del gruppo e mi fermo. Mi volto a guardarmi alle spalle. La galleria prosegue dritta, scandita dalle luci appese ogni tot al soffitto. Impossibile dire per quanti chilometri prosegua. L’oscurità la inghiotte a pochi metri da me. La assorbe, non c’è altro modo di dirlo. È come se il buio fosse una presenza fisica, un gigantesco blob che ci segue, assorbendo tutto ciò che tocca. Per ogni passo che facciamo, anche lui ne fa uno. Sembra che allungando una mano potrei toccarlo e affondarci, come fosse un muro di gomma. Mi rendo conto di non essere nello stesso “mood” del resto del gruppo, ma forse è così che sono fatta. Sono quella che alle feste si annoia, e i comici mi rendono triste, come diceva una canzone.

Devo riconoscere che il percorso è ben studiato, e molto istruttivo. Pensiamoci, quante volte capita di infilarsi in una vera miniera, di quelle con i binari e i carrelli? Di scendere di cinquanta metri a cavallo di uno scivolo di legno, dentro un foro scavato nella roccia? Di attraversare su un barcone un lago sotterraneo, osservare le acque placide, mai smosse da un filo di vento, toccare il soffitto della caverna mentre il barcone sfila, silenzioso come scivolando sul velluto?


La guida tutto sommato è simpatica, e i filmati che ricostruiscono la storia di Wolf Dietrich, arcivescovo principe di Salisburgo che alle miniere di sale di Hallein dovette tutta la propria fortuna e la sfortuna e il declino e la prigionia; i filmati, dicevo, strappano un sorriso ai più piccoli. Peccato per i sottotitoli italiani, completamente sballati come se fossero tradotti con un traduttore automatico.
Giungere alle miniere di sale di Hallein da Salisburgo è un piacevole tragitto da fare in auto attraverso i panorami in stile Heidi tipici della zona di Salisburgo. Ed è carino anche il centro visite, molto semplice, in cui si attende l’inizio della visita guidata. Si tratta di una struttura senza fronzoli, con un piccolo bar e una parete a finestra con vista mozzafiato sulle montagne. Solo i simboli stile 1984 (la povertà è ricchezza, mi viene da pensare. La fatica è ristoro. Potenza del bipensiero) ricordano che qui ad Hallein c’è una miniera, un luogo di fatica e, a volte, di tragedie.


La miniera è divertente. Forse anche questo è bipensiero.

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